Il laboratorio, cui hanno partecipato gli alunni della III B di Via Nomentana insieme alla professoressa Moretti Maria Grazia, ha approfondito alcuni aspetti della censura fascista rivolta non solo contro l’uso dei forestierismi e delle parole alloglotte ma contro tutto ciò che “suonava” straniero e contrario all’ordine, alle regole e all’etnocentrismo fascista, come la musica jazz fatta di disordine organizzato nei ritmi e nei componenti delle band musicali. Dopo il grande successo negli “anni ruggenti“ e la sua diffusione grazie all’invenzione della radio ad opera di Marconi, l’autarchia, la guerra di Etiopia del ’35 e l’approvazione delle leggi razziali vedono l’intensificarsi del proibizionismo ma, contrariamente ai divieti delle istituzioni e dei gerarchi, il jazz si diffonde con la nascita della discografia e viene ascoltato e suonato clandestinamente o “italianizzato”. In tutta Europa i musicisti ebrei vengono deportati e spesso costretti a suonare, loro malgrado, nei campi di concentramento, come per esempio a Terezìn, il lager dei bambini.
Casa della Memoria e della Storia, 7 Febbraio 2020